sabato 27 febbraio 2016

CAMBIARE PUNTO DI VISTA: Trasformarsi da atleta ad allenatore


CAMBIARE PUNTO DI VISTA:
TRASFORMARSI DA ATLETA AD ALLENATORE

Nel mondo dello sport non è raro vedere come a fine carriera un atleta, cerchi di intraprendere un nuovo percorso, quello da allenatore, cambiando così completamente il proprio ruolo, le proprie modalità di concepire quello sport e di viverlo.
Sbagliando si pensa spesso che chi è stato un ottimo atleta, sarà sicuramente anche un ottimo allenatore, ma questo non sempre avviene.

Non tutti gli sportivi di successo diventano dei bravi allenatori, anzi solitamente avviene il contrario, la figura dell’ allenatore ha numerose sfumature e risulta essere ampia e complessa, in quanto si trova a ricoprire diversi ruoli simultaneamente (Szabo, 2012).
Essere un bravo allenatori è un dono, saper insegnare una dote io penso che insegnanti si nasca e non c’entra l’esperienza che una persona ha fatto come atleta, ci vuole la capacità di saper trasmettere, motivare, avere spirito di sacrificio e tanta grinta.
Quando si è atleti, si pensa al proprio successo, alla propria prestazione, al proprio risultato, tutto il resto non importa, non ha nessuna rilevanza cosa gli altri pensano o provano nei loro confronti, l’allenatore è colui che può portarti in cima, bisogna essere testardi, caparbi e anche molto sicuri di sé.
Quando si diventa allenatori, non ci si può più comportare da prime donne, quello che salirà in pedana, quello che scenderà in campo è il tuo atleta non sei tu, il frutto di ore e ore di allenamento che hai progettato ad hoc per lui saranno mostrate da un altro che sarà il vero protagonista della performance, tutti si ricorderanno di lui, non tutti si ricorderanno di te, ma il tuo atleta sì…sempre.
Si passa dall’essere ATTORI , all’essere REGISTI, si sta dietro le quinte soffrendo con loro e sperando per loro, ogni loro respiro è un tuo respiro e ogni loro dolore o gioia è anche il tuo.
Risulta quindi fondamentale il concetto di RUOLO, ma ancor meglio quello di STATUS:
Possedere uno status elevato comporta la predisposizione a dare inizio ad idee e attività che verranno poi continuate dal resto del gruppo, nel nostro caso la figura dell’allenatore gode di uno status maggiore rispetto ai suoi atleti.  (Sherif, 1964);
lnoltre il concetto di  status implica un certo prestigio consensuale, una valutazione o classificazione positiva da parte degli altri nel gruppo (Homans, 1950).

Molti sono gli esempi di atleti che hanno provato a mettersi dall’altra parte, i più conosciuti sono calciatori di fama nazionale e mondiale che si sono trasformati nei padroni della panchina di squadre in cui hanno giocato per molto tempo o meno, e che sono riusciti o no a portare avanti questo arduo mestiere.
L’allenatore è colui che in caso di fallimenti, risultati negativi e scarse performance viene processato per primo, la prima responsabilità è sempre la sua e non degli atleti, il primo che deve fare i bagagli nel caso la situazione non migliori portando ad esiti positivi è lui.


“Ascolti, le voglio dare un consiglio Brian Clough,
non importa quanto pensi di essere bravo, intelligente o quanti nuovi amici si fa in televisione,
 la realtà della vita nel calcio è questa:
il presidente è il capo,
poi ci sono i consiglieri,
 poi il segretario,
poi i tifosi,
poi i giocatori
e poi alla fine di tutto in fondo al mucchio l’ultimo degli ultimi,
la persona di cui alla fine possiamo tutti fare a meno,
il fottuto allenatore!“


(Dal film Il maledetto United)
Non pensate che sia facile essere un bravo allenatore, a volte è più facile essere un buon atleta, le responsabilità di un coach sono infinite e bisogna avere le spalle grosse per incassare bene i colpi e farsi scivolare critiche e malumori.
Provate a pensare a quanti allenatori sono stati esonerati, allontanati o non si vedono più sui palcoscenici sportivi, bene non credo che vi basteranno due mani per tenere il conto!
Veronica Cusa
Fonti:

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