giovedì 10 marzo 2016

IL DOPING: leggere attentamente il foglio illustrativo, NON SOMMINISTRARE AGLI SPORTIVI





Esatto, non somministrare. La frase finisce così perché penso che non si debba aggiungere altro, perché in fondo lo sanno tutti: il doping fa male, giusto? 
Ma se fa male, perché è un fenomeno in crescita?

Cos è il doping?

La parola doping è entrata ormai nel nostro vocabolario quotidiano, quasi sempre collegata ai contesti sportivi per indicare l’assunzione da parte di un atleta di una o più sostanze illecite con il fine di eludere la percezione della fatica psico-fisica e poter più facilmente raggiungere un obiettivo. Non conosciamo esattamente da dove derivi il concetto di doping, alcuni ritengono che derivi dalla parola olandese doop facendo cuocere insieme tabacco e stramonio si dava vita a questa “salsa densa” utilizzata da molti rapinatori per sedare le proprie vittime. Altri riconducono il termine alla parola dop  una sostanza esaltante utilizzata dagli sciamani del Sud Africa durante le loro cerimonie mistiche. 

Il doping è un facilitatore, ovvero un mezzo per giungere alla meta sportiva prendendo una scorciatoia eticamente scorretta in quanto va a minare uno dei pilastri sui quali lo sport si basa: la lealtà. 
Ma fama, soldi, trofei valgono il fatto di barare a tutto il mondo e soprattutto a sé? Perché dal momento in cui uno si “dopa” dimostra che egli non è all’altezza della sfida che sta per affrontare e senza un aiuto esterno non sarebbe in grado di competere con gli altri oltre che poter vincere. La lotta al doping da parte della WADA è iniziata molti anni fa, è una lotta stressante perché il doping e i medici che favoriscono queste sostanze giocano sempre un passo avanti rispetto agli investigatori perché hanno gia inventato qualche sostanza che maschera le rilevazioni delle sostanze proibite, prima ancora che la ricerca vi sia arrivata. 

Le scuse:
Chiunque faccia uso di doping non lo reputo uno sportivo, un truffatore, ma soprattutto lo reputo un perdente. Solo un vile non ha il coraggio di accettare i propri limiti ed invece di dare tutto se stesso per provare a superarSI decide di usare queste sostanze proibite. Molti atleti quando sono stati pizzicati dai controlli anti-doping si sono pentiti di quanto avessero fatto, altri si sono giustificati dicendo che “anche tutti gli altri sono  dopati”, altri ancora hanno urlato la propria innocenza al mondo incolpando bistecche avvelenate, o che non fossero a conoscenza di ciò che avessero assunto. I casi più eclatanti sono sicuramente quelli del “CAMPIONE” di ciclismo Lance Armstrong sicuramente uno dei corridori più forti della storia del ciclismo, vincitore addirittura di 7 Tour de France la corsa più importante al mondo oltre ad altri innumerevoli trofei, anni fa contrasse un cancro che riuscì a sconfiggere ed a tornare in sella e vincere ancora. Quale storia più bella ci può essere nello sport? La Nike lo sponsorizza con un contratto milionario per la creazione del braccialetto giallo, simbolo di lotta al cancro, simbolo di un lottatore. Molti corridori hanno sempre mormorato sul conto di Armstrong, ma bisogna anche dire che un atleta che vince sempre può stare antipatico a qualche collega perché subentra anche l’invidia per tutti quei trofei, ma a nessun controllo anti-doping il “campione” risultò positivo. Quindi vince, si ritira ma le voci sulla sua lealtà si susseguono, negli anni vengono scoperti sempre più atleti colpevoli di essersi dopati che confessano anche un coinvolgimento del campione. Così l’atleta americano indice una intervista da Opra e in diretta nazionale confessò l’uso di sostanze dopanti per anni (durante tutti i 7 Tour vinti) e l’U.S.A.D.A. gli ha conferito tutto i titoli vinti dal 1998 in poi. Di seguito il video della confessione. 


Altro caso recente e discusso in Italia è lo stop del corridore Alex Swartz vincitore dell’oro Olimpico a Pechino 2008. nella marcia 50km. Egli confessò di essersi procurato tutte le sostanze dopanti personalmente, ma la cosa che più mi ha colpito nella sua intervista fu il passaggio: 
finalmente posso dirvi questa cosa che mi porto dentro da 3 anni e mi pesa come un macigno. Non sopportavo più questa bugia, ora sono contento che posso ricominciare la mia vita
dimostrazione che nonostante si sappia che il doping sia pericoloso per la salute delle persone molte di esse sembrano infatuarsi dell’idea di diventare invincibili. Una scusa che spesso si sente proferire da coloro che vengono colti positivi a controlli antidoping è: “lo fanno tutti, se non mi fossi dopato non sarei nemmeno arrivato a metà classifica” e la reputo davvero una dichiarazione grave, perché giustifichiamo un pericolo salutistico che potrebbe comportare effetti gravi fino alla morte pur di vincere una gara. Alcuni giocatori hanno dichiarato di essersi sottoposti autotrasfusioni di sangue, per molti medici dichiarata una pratica quasi impossibile per la follia e gli altissimi rischi che ne comporta un gesto simile. Ma la follia non ha confini, basti pensare che molti corridori e ciclisti sono stati scoperti positivi all’uso di sostanze dopanti durante gare amatoriali, per intenderci per quelli che fanno la gara la domenica. Nel mio articolo ho concentrato la mia attenzione su due casi celebri di due persone che hanno dichiarato di aver barato con tutte le conseguenze che ne comportino, ma non vorrei accanirmi contro due categorie molto martoriate su questo fenomeno, ma c’è anche una spiegazione: sono gli sport dove vengono effettuati più controlli antidoping con una frequenza altissima rispetto ad altri sport come il calcio, il tennis, il basket, ecc… e non pensiate che sia i soli sport dove vi sia diffusa questa pratica, negli ultimi tempi sono stati scoperti assumere sostanze proibite giocatori di tiro con l’arco, ping pong, badminton, nel salto con gli sci per fare degli esempi.


Come sconfiggere questo demone?

Possiamo tranquillamente definire il doping come il cancro dello sport, e non che sia solo in alcune discipline: è presente in tutte o quasi con alcuni sport più predisposti alla tentazione. E come si sconfigge un male che vi è dentro? Con l’educazione. 
C’è bisogno che fin dai primi passi in un qualsiasi sport vengano insegnati i capisaldi dello sport, le gioie e i dolori che lo sport regala perché solamente dopo aver pianto possiamo dire di aver veramente sorriso. Senza fatica non vi è sport, senza agonismo non esisterebbe lo sport, ma l’agonismo è insito nell’uomo che da sempre ha voluto sfidare se stesso e gli altri su prove di abilità, di forza fisica e mentale. 

bibliografia:

  • Competenza Personale e competenza sportiva; Fabio Togni; la scuola, 2009, Brescia
Alberto Fiaschè

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