giovedì 10 marzo 2016

FAIR PLAY: PERCHÈ ESALTIAMO UN COMPORTAMENTO CHE DOVREBBE ESSERE NORMALE?


IL FAIR PLAY

è sinonimo di sportività, ed è al dir poco bizzarro che sia un concetto sul quale spesso si parla o si discuta, quando esso altro non è che uno dei concetti cardine di sport. Sport significa sfidare prima di tutto se stessi e gli altri all’interno di un gioco con regole predefinite basandosi sulla lealtà e non sull’inganno. 
Lo sport inizia dalla cultura ellenica, che furono i primi ad indire lo sport come momento fondamentale all’interno della loro società, addirittura durante le Olimpiadi le guerre in corso venivano interrotte per la durata dei giochi. Nel 1896 indisse i Moderni Giochi Olimpici ad Atene esso riprese tutti i concetti greci, ed il suo motto fu: 
“l’importante non è vincere ma partecipare”
dove sottolineava il fatto che colui che conclude la propria gara non sarà mai sconfitto. 

Prendiamo come esempio il rugby uno degli sport più nobili che vi siano, ma al tempo stesso uno dei quali dove il contatto fisico è largamente concesso, ma dove vige un grandissimo rispetto dell’avversario e dell’arbitro. Nonostante gli infortuni siano numerosi e presenti nella gran parte delle partite, e uno sport così “violento” all’interno del gioco comporti anche ad un carico di adrenalina e agonismo davvero alto, i giocatori riescono nella maggior parte dei casi a contenere la propria rabbia agonistica solamente all’interno del rettangolo di gioco. Se aveste mai la possibilità di assistere ad una partita di questo sport potrete assistere a 30 giocatori che non si risparmiano botte e scontri, ma nel momento in cui l’arbitro interviene essi cedono ogni ostilità sportiva, rispettando quasi sempre il verdetto dell’arbitro e nei casi di proteste queste vengono sempre presentate con modalità educate. 
Il concetto di rispetto è alla base di ogni sport, ma questo sport è l’esempio più lampante di come queste regole vengano rispettate, oltre che vi è un’usanza davvero ammirevole come il terzo tempo, dove a fine gara i vincitori concedono la passerella d’onore agli sconfitti, per poi trovarsi a mangiare e bere tutti insieme a fine partita, per far capire che nonostante l’astio della gara ciò che più gli accomuna è l’amore verso lo sport.
La Fiorentina anni fa provò a esportare questo concetto di terzo tempo anche nel calcio, purtroppo in meno di un anno fu mestamente abbandonato. 

IL PERCHÉ?

Provo a dare la mia risposta: perché in Italia manca educazione sportiva. Non siamo ancora pronti, nella nostra penisola settimanalmente assistiamo a episodi di cronaca che vanno contro ogni concetto di sport, genitori che alle partite dei figli insultano gli avversari fino ad arrivare a generare risse, dimenticandosi che lo sport dovrebbe unire e non dividere. 

Il calcio paga il prezzo di essere lo sport più popolare in Italia, e trovo discutibile che la serieB da questo inverno abbia introdotto il cartellino verde, ovvero un cartellino che va a premiare i giocatori che si distinguono per comportamenti sportivi all’interno di una partita. 

Trovo che sia davvero triste dover lodare coloro che si distinguono per “meriti” che lo spirito dello sport dovrebbe racchiudere nelle proprie viscere, ma se si è arrivati ad attivare determinate soluzioni forse significa che vi è da colmare davvero tanto nell’educazione sportiva. Educazione sportiva che dev’essere insegnata a tutti i bambini e ragazzi che si affacciano a una qualsiasi pratica sportiva, che sia sport di squadra o individuale, ma servirebbe anche ricordare ai genitori che sono innanzitutto educatori; ricordiamo che gli allenatori hanno anche una funzione educativa, e non solo di gestione del gioco. 


Alberto Fiaschè

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