giovedì 10 marzo 2016

GOAL SETTING: STABILIRE GLI OBIETTIVI

“Coltiva il tuo sogno,

 pianificalo,

e vedrai che lo raggiungerai."               

M.Phelps



Nello sport cosi come nella vita è fondamentale prefissarsi degli obiettivi, ancora meglio se quest’ultimi vengono a loro volta suddivisi in micro-obiettivi cosi da avere più velocemente dei feedback, migliorare perché consente di potersi organizzare.
Dalla psicologia del lavoro sino alla psicologia dello sport è stato confermato che il porsi degli obiettivi ha risvolti positivi sul risultato del lavoro e in tal caso un incremento della fiducia in se stessi. Locke e Latham (1985) vollero studiare il goal-setting nell’ambito sportivo e partirono da due concetti base: 
  1. nello sport si ritiene che il successo dipenda principalmente dall’abilità e dalla motivazione del soggetto;
  2. la scelta degli obiettivi dovrebbe trovare un buon riscontro in campo sportivo, poiché si considera più semplice la misurazione della prestazione individuale rispetto a quella delle organizzazioni.”
Ansel e colleghi nel 1992 definirono che la formulazione degli obiettivi è uno strumento funzionale per il miglioramento e l’incremento della prestazione sportiva. 

GOAL-SETTING

La ricerca sugli obiettivi, detto anche goal setting ha avuto inizio nella psicologia del lavoro, per poi espandersi anche negli altri rami della psicologia. L’obiettivo è ciò che spinge le persone ad agire in modo conscio ed è caratterizzato dalla direzione e dall’intensità; gli obiettivi incoraggiano a utilizzare nuove strategie per arrivare al fine prefissato. Il modello di Locke e Latam (1985; 1990) ha individuato cinque variabili che servono per moderare le influenze che gli obiettivi hanno sulla prestazione. Queste cinque variabili sono: l’abilità, l’impegno, i feedback, la complessità del compito e limiti situazionali. I due autori sopra citati nel 1985 scrissero un articolo nel quale spiegavano com’era cambiato il rapporto fra goal setting e prestazione sportiva spiegando come gli obiettivi devono essere applicati nello sport proponendo 10 ipotesi in merito:
  1. Per avere un’azione più precisa è consigliabile usare obiettivi specifici;
  2. L’elevato livello di difficoltà dell’obiettivo (fermo considerando che esso sia raggiungibile e concreto) rende migliore la prestazione del soggetto;
  3. Un buon risultato è sicuramente condizionato dalla presenza di obiettivi specifici;
  4. Fondamentale é saper programmare obiettivi anche a lungo termine;
  5. Gli obiettivi influenzano la  prestazione a livello di impegno, interesse e costanza;
  6. I feedback sono fondamentali nella crescita personale in quanto stimolano nel raggiungere un certo fine;
  7. Più gli obiettivi sono difficili maggiore sarà lo sforzo richiesto, questo fattore andrà a stimolare la motivazione del soggetto;
  8. Un semplificatore nel raggiungere dei target richiesti da parte del coach potrebbe essere quello di condividere con l’atleta le scelte, le metodologie di allenamento e l’utilizzo di rinforzi positivi; 
  9. Una buona programmazione strategica facilita il raggiungimento di un fine;
  10. La competizione incrementa la prestazione sportiva, fino al momento in cui sarà possibile definire obiettivi maggiori.



I due autori hanno aggiunto vari esempi del funzionamento del goal-setting in differenti situazioni quali: obiettivi di allenamento, obiettivi individuali e di squadra, obiettivi per migliorare il sé e gli obiettivi durante la competizione. Burton (1993) confermò l’efficacia del goal setting anche all’interno degli ambiti sportivi con percentuali di riuscita intorno al 75% da parte degli atleti che si pose un obiettivo specifico e difficile rispetto ai colleghi che non si erano posti alcun tipo di obiettivo o che si limitarono “a fare del loro meglio”; una cifra considerevole ma comunque sotto la media di successo della stessa teoria applicata al mondo del lavoro che sfiora addirittura il 90%.

Modello della scelta degli obiettivi competitivi:
all’interno della psicologia positiva era ormai noto che ci fosse una relazione positiva tra la scelta degli obiettivi e l’incremento della prestazione, però spesso non era dato peso all’aspetto psicologico degli atleti, come ad esempio, l’orientamento motivazionale e l’autoefficacia. Burton [1992;1993] volle costruire un modello che identificava al suo interno stili individuali di scelta degli obiettivi.
La ricerca della psicologia motivazionale ha messo in luce l’esistenza di due approcci differenti nei confronti della prestazione: orientato al compito e orientato al risultato. Gli individui rivolti al compito sono orientati verso al raggiungimento di obiettivi personali attraverso un processo autoreferenziale, come il migliorare la padronanza in un compito o le abilità specifiche. Coloro che sono orientati al risultato, invece, misurano il proprio successo esclusivamente attraverso termini sociali come la vittoria e la sconfitta in una prestazione sportiva come unico metro di misurazione. 



  • Psicologia dello sport, una visione strategica; S. Binazzi; BradipoLibri editore, 2013; 


Alberto Fiaschè

Nessun commento:

Posta un commento